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Scritto per il centenario di Don Bosco nel 1988 da Pietro e Benilde Robusto, riproposto dieci anni dopo, si rimette in scena quest’anno per il 150° dell’Unità d’Italia, perché la vita del Santo si snoda a Torino proprio negli anni del Risorgimento. Anche se lasciò ad altri il compito della politica e della lotta aperta. Il suo obiettivo principale era difendere i ragazzi da una nuova specie di “schiavitù” a causa della rivoluzione industriale. Bambini che già a otto anni, venivano gettati in un lavoro estenuante di 15 ore al giorno, in mezzo ad abusi, scandali, sfruttamenti, negli ambienti malsani delle fabbriche.
A Bartolomeo abbiamo abbinato un giovane infiltrato mandato da ricchi industriali (i quali non gradiscono l’opera del prete) a confondersi tra i ragazzi dell’oratario, col compito di “frugare” nella sua vita, trovare un lato oscuro, qualche “scheletro nell’armadio” che possa permettere loro di diffamare e gettare nel fango il suo operato. Ma il giovane, dopo aver conosciuto, grazie a Bartolomeo, tutta la storia di Don Bosco, diventa un ammiratore della sua opera, affatto intenzionato a tradirlo.
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