Le persecuzioni di Padre Pio – III
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Per tutto l’arco della vita, compreso tra l’impressione delle stimmate (1918) e il Suo trapasso da questa vita (1968) Padre Pio fu sempre perseguitato.
Furono persecuzioni mosse da avversioni, gelosie, invidie, odi, ostruzionismo al suo apostolato, accuse infamanti, calunnie, violenze morali.
Fin dalla Sua primissima presenza in San Giovanni Rotondo (1916) Egli trovò ostilità nell’ambiente religioso perchè, con la Sua intensa attività apostolica, sconvolgeva la rilassatezza dei costumi e l’abituale negligenza del clero locale.
Poi, negli anni successivi, sino al trapasso, il Suo servizio intenso ed incondizionato alla Chiesa di Cristo incontrò, giorno per giorno, avversioni, contrarietà, contrasti, per opera, normalmente, di persone che trovavano in Lui un duro ostacolo al conseguimento di loro disonesti interessi personali.
Queste guerre continue l’avevano ridotto un “ecce homo”, tanto che nell’ultimo giorno di vita Egli, dopo la celebrazione della Messa, stava per crollare giù dall’altare se non fosse stato provvidenzialmente soccorso dai presenti.
Dopo una vita di persecuzioni crudeli e feroci, al suo trapasso parve a molti che insieme a Lui crollassero anche le opere Sue. Ma quello che sembrò designare una fine, fu invece un principio, ciò che sembrò segnare una sconfitta fu invece una vittoria, ciò che sembrò delineare una prostrazione fu invece un trionfo.
In tutta la vita di Padre Pio, quindi, i suoi acerrimi e indiavolati nemici furono sempre presenti, e furono sei le grandi persecuzioni contro Lui.
Terza Persecuzione
È una persecuzione generata dall’ingordigia di denaro, da parte di alcuni cappuccini, che si protrae dal 1947 fino al 1956 ed oltre. Il demonio, vinto e rivinto da Padre Pio, torna ora a combatterlo (come aveva già promesso) nella Sua opera terrena, la Casa Sollievo della Sofferenza, i cui lavori di scavo iniziano il 19 Maggio 1947.
È una lotta sotterranea, silenziosamente preparata, ma assai violenta, che i nemici del Padre stanno preparando per divenire gestori dell’amministrazione dell’opera e, quindi, delle forti somme che ad essa cominciano a pervenire da ogni parte del mondo.
Per capirne l’asprezza, basta rileggere il Diario di Padre Agostino, confessore di Padre Pio: “… la guerra di satana contro il Padre non finisce, cambia aspetto, ma continua per mezzo di persone in lega con il nemico delle anime… Egli soffre molto per l’opera provvidenziale della Clinica… Soffre anche per la nuova Chiesa…. È la lotta di satana che ora combatte le opere di Dio… Il diavolo entra nell’Opera della Provvidenza mediante la sua organizzazione…. La cricca agendo contro le direttive del Padre, Gli resiste e Gli procura parecchi dispiaceri” .
Di uno di costoro, che pesca nel torbido, il Padre dà questo pesante giudizio: “È il serpe velenoso che si è insinuato nella nostra opera”.
Mentre questi trafficanti operano in seno all’Opera del Padre, nel convento viene presa, subito dopo il rinnovo delle cariche, un’iniziativa che lascia alquanto perplessi. Compare, nella piazzetta del convento,una cassetta su cui è scritto “Lettere per Padre Pio e per il convento” e un “Manifesto” che avverte: “Nessun borghese è autorizzato a ricevere offerte”.
Qualcosa si sta muovendo. Aleggia attorno un senso di inquietudine e turbamento. Ma per che cosa? Padre Agostino, che era stato guardiano del convento prima di questa iniziativa, aveva dato improvvisamente le dimissioni dall’incarico, perché aveva intuito che qualche poco chiara manovra si stava preparando a danno dell’Opera di Padre Pio.
Ma coloro che stanno intrigando, non verranno per ora allo scoperto e si scateneranno soltanto dopo il 1959.
Perciò per ora è necessario fermare l’attenzione su questa terza persecuzione, la quale, come già detto, è generata dall’avidità sfrenata di attingere denaro dalla promettente fonte della nascente opera del Padre. A dare manforte ai profittatori che operano all’interno dell’Opera ed ai frati “cercatori” che operano all’esterno, si affiancano ora anche altri nemici del Padre, gente del paese, a sorpresa, un gruppo di terziari francescani, i quali fremono nel vedere che il maneggio di tanti danari dell’Opera sia riservato a pochi ed onesti amministratori.
Ricomincia cosi la pioggia di denunce calunniose, inoltrate a Roma ed alla Curia Generalizia dei Cappuccini, tutte rivolte a denigrare gli attuali amministratori dell’Opera, qualificandoli incapaci, profittatori, chiusi in caste tendenti a conservare posizioni di privilegio. conseguentemente, ecco ricominciare per gli accertamenti del caso da parte degli Organi competenti, l’invio di nuovi “Visitatori”.
Una “Visita Apostolica” è disposta dal Sant’Uffizio e viene affidata al benedettino Giovanni Caronti ed ad un commissario del Sant’Uffizio, Giovanni Pepe, che la compiono negli ultimi giorni del Dicembre 1951. Una seconda “Visita” viene ordinata dalla curia generalizia ed effettuata, nel Gennaio 1952, dal cappuccino Angelo da Genova.
Le denunce sono velenose e le “Visite” cominciano a divenire opprimenti e recano tanto dolore al Padre. Ne parla anche Padre Agostino nel suo Diario: “La guerra di satana, per mezzo di persone delinquenti non cessa, anzi si fa più acuta e subdola… Ma il Padre va avanti nel Nome di Dio… mentre il Suo animo è amareggiato”(Luglio/Settembre 1952).
In tanti cercano di rapinare l’Opera del Padre, ma lo sforzo più consistente è compiuto da un ristretto gruppo di Padri cappuccini. Costoro, in sordina ed all’insaputa dei confratelli, tentano di dirottare nelle loro mani i danari destinati all’Opera, sostenendo che Padre Pio è cappuccino e, quindi, la sua Opera è “cappuccina”; ma non dicono che l’effettiva destinazione del danaro da loro inseguito è tutt’altro che “cappuccina”.
Infatti in quel tempo sta prendendo piede in Italia, un clamoroso scandalo finanziario, che diverrà famoso con l’appellativo di affare Giuffrè e che inizialmente trova accoglienza e sviluppo proprio in seno all’Ordine cappuccino per interessamento di pochi frati avidi di danaro.
Il Giuffrè è un ex banchiere, poi conosciuto come il“finanziere di Dio”, che ha scoperto un metodo infallibile per moltiplicare il danaro. A chi gli consegna una somma da amministrare, lui la restituisce a breve termine con altissimi interessi.
Molti frati, incuranti del voto di povertà, adescati da questa trappola, corrono subito a destra ed a sinistra cercando affannosamente soldi in prestito per affidarli al miracoloso banchiere, sperando in un rapido arricchimento.
Prestiti da amici e persone che hanno stima di loro ne trovano, ma le somme a cui essi aspirano sono molto ma molto più rilevanti. Ed è questo il motivo per cui essi rivolgono il loro avido sguardo là dove si riversano i soldi della carità, cioè l’Opera di Padre Pio.
Sanno bene questi trafficanti in abito francescano che il Padre esige il più rigoroso rispetto per questo danaro, che Egli vuole rigidamente assegnato ai fini voluti dagli offerenti, all’acquisto delle attrezzature ospedaliere, alla celebrazione di Messe di suffragio.
E non potendo essi scardinare la ferrea resistenza degli amministratori dell’Opera, esecutori della volontà del Padre, la cui opposizione è basata su principi di onestà e giustizia, riservano la loro avversione ed il loro odio al Santo Uomo.
Ma essi, nonostante le pressanti richieste, con cui sconvolgono e turbano l’attività apostolica del Padre, non riescono ad ottenere quanto desiderano. Però quando, non molto tempo dopo, a seguito del clamoroso fallimento economico del “finanziere di Dio” questi signori si sentono mancare il terreno sotto i piedi, anzi si ritrovano in un baratro di disperazione, non solo per le ingenti somme perdute, ma per aver trascinato nella finale rovina tanta povera gente che, ignara del retroscena e fidente nella rispettabilità dei frati, avevano affidato ad essi i loro risparmi, si gettano nuovamente sull’Opera.
Non più, però, per investire, come prima, ma per ottenere i contanti occorrenti a tamponare le spaventose falle provocate dal terribile crollo economico del finanziere. Qui si potrebbe non dire altro su questa poco appariscente ma molto accentuata persecuzione generata dall’ingordigia di danaro. Essa si è ripercossa dolorosamente sul Padre, che si è visto assillato da richieste che Gli hanno dilaniato il cuore, Gli hanno inflitto vessazioni continue e L’hanno sottoposto ad aspre e tormentose prove.
Sebbene non attinente a questa persecuzione, piace qui accennare ad un fatto collaterale, svoltosi in questo tempo che, per merito di Papa Pio XII, ha inflitto una giusta lezione ai soliti zelanti membri del Sant’Uffizio, sempre pronti a colpire ciò che, anche indirettamente, riguarda Padre Pio.
In questo tempo, il Sant’Uffizio emette un decreto con cui mette all’“Indice” alcuni libri che parlano di Padre Pio, senza, però, averne dato notizia al Papa, che i compilatori del decreto sanno molto favorevole al Padre.
Del decreto, che si esprime in termini molto duri contro gli autori dei libri, viene data notizia sull’Osservatore Romano del 3 Agosto 1952.
Quando il Papa ne viene a conoscenza, adirato, ordina che venga subito scritta una “nota d’accomodamento”che attenui i duri tassi della condanna inflitta dal decreto. La compilazione della nota viene affidata a Mons. Mario Crovini e la nota stessa viene pubblicata sull’Osservatore Romano di due giorni dopo.
Inoltre il Papa dà disposizione al Cardinale Pizzardo di non inserire il decreto negli “Acta Apostolicae Sedis” (4-5 Agosto 1952). Infine il Papa dispone che l’ideatore del decreto (mons. Giovanni Pepe) venga rimosso dall’incarico. Finalmente! Una nota positiva a favore di Padre Pio!
Luigi Peroni
Biografo
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