Credo in Dio
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«Io credo in Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra» è la prima frase del Credo professato in ogni domenica e in ogni solennità dai fedeli all’interno della celebrazione eucaristica. Perché dunque la Chiesa ha avvertito il bisogno di sottolineare che il Padre è creatore? Andiamo con ordine. In Gn 1,1 il testo Sacro inizia così: «In principio Dio creò il cielo e la terra». Si tratta dunque di una informazione scientifica? Certamente no. Non è questo l’intento della sacra Scrittura. Infatti, il motivo di tale affermazione sta nella salvezza stessa il cui culmine è in Cristo Gesù.
La creazione dunque non viene da una ignota “causa prima” ma da quel Dio nascosto rivelatoci poi da Gesù, in parole e con la vita, che è Padre. Dio Padre fa cose nuove per i suoi figli perché ci ha predestinati «a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito del suo volere. E questo a lode e gloria della sua grazia» (Ef 1,5-6) affinché Egli «possa essere tutto in tutti» (1 Cor 15,28). Dunque la creazione ha per obiettivo l’uomo, la sua salvezza, ma anche la sua “gioia” già su questa terra. La gloria di Dio, diceva sant’Ireneo, è l’uomo vivente, ovvero l’uomo veramente uomo, libero in Cristo. Questo rende felice l’uomo e Dio fino alla felicità piena, quella ultraterrena.
Ancora, Dio crea dal nulla. Cosa vuol dire? Vuol dire che tutto deriva da Lui, che tutto fa capo a Lui e che tutto, in modo diverso, è un riflesso della bontà di Dio che è per essenza Amore. Tale amore, in quanto tale, non può che donare continuamente. La creazione, uomo incluso, ha bisogno poi di essere continuamente creato. E Dio, attraverso il dono dell’essere e mediante le cose create mostra la sua Provvidenza.
Diceva san Tommaso d’Aquino: «La volontà di Dio si compie sempre». Questo è un “mistero” che si intreccia con il misteryum della libertà/volontà dell’uomo. L’uomo può decidere della sua vita, ovvero se fare il bene o il male, se scegliere Cristo o altro, ma Dio, nella sua infinita bontà si serve anche delle scelte cattive per fare il bene. Ora, infatti, se l’uomo non avesse il libero arbitrio sarebbe come un burattino.
Compito dell’uomo è pertanto completare l’opera della creazione rendendola più armoniosa per il bene di tutti. Da questa libertà può dunque venire il bene ma anche il male. A questo punto, due sono le domande che si possono porre: “perché Dio permette che l’uomo scelga gravissimi mali come ad esempio l’omicidio?” e “perché Dio permette catastrofi naturali che danneggiano diverse volte persone innocenti?”.
Alla prima domanda si risponde in primis, come suddetto, con il libero arbitrio dell’uomo, ovvero con quella sua capacità, seppur ferita dal peccato originale, di scegliere tra il bene e il male, in extremis tra Dio e Satana.
Ma in secundis – e questo riguarda anche la seconda domanda – si risponde, per così dire, con Cristo stesso, col Cristo che si è incarnato, impoverito, col Cristo Gesù in croce. Si risponde cioè non con delle parole ma invitando alla contemplazione del Crocifisso che prende su di sé il Peccato del mondo e, fattosi peccato, l’Innocente, morendo, uccide il peccato.
Diceva Bernanos, a conclusione del suo famoso libro “Diario di un curato di campagna”: «Tutto è grazia», ma ancor di più l’Apostolo delle genti: «Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». Con ciò di sicuro non si afferma che il peccato è grazia ma appunto che l’onnipotenza di Dio può trasformare l’opera del male in bene. E questa è una “ricreazione”. L’intreccio del piano divino con le azioni di ogni singolo uomo trasforma le vie umane in strade provvidenziali, spesso però imperscrutabili, ovvero comprensibili solo a posteriori mediante il senso della fede che ha il suo culmine non nel Cristo crocifisso ma nella sua risurrezione opera dello Spirito per volere del Padre buono e misericordioso.
Il Redattore
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