Il fuoco del purgatorio
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A Zamora, città della Spagna, viveva, in un convento di Domenicani, un buon religioso, legato in santa amicizia ad un Francescano, uomo anch’egli di esimia virtù. Un giorno in cui i due frati s’intrattenevano fra loro di cose spirituali, si promisero scambievolmente che il primo che fosse morto sarebbe apparso all’altro, se così a Dio fosse piaciuto, per informarlo della sorte toccatagli nell’altro mondo.
Morì per primo il Francescano e, fedele alla sua promessa, apparve un giorno al religioso Domenicano mentre stava preparando il refettorio. Dopo averlo salutato con straordinaria benevolenza, gli disse di essere salvo, ma che gli rimaneva ancora molto da soffrire per una infinità di piccoli falli, dei quali non si era emendato durante la vita.Poi soggiunse: «Niente v’è sulla terra che possa dare un’idea delle mie pene». E perché l’amico ne avesse una prova, il defunto stese la destra sulla tavola del refettorio, dove l’impronta rimase così profonda, quasi vi avessero applicato sopra un ferro rovente.
Quella tavola si conservò a Zamora fino al termine del ‘700, epoca nella quale le rivoluzioni politiche la fecero sparire insieme con tanti altri ricordi di pietà dei quali abbondava l’Europa.
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