Il peccato e la gioia – 3°
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Una “piccolezza” e le sue conseguenze
Come è interessante e sorprendente la nostra relazione verso le ferite del corpo e quelle dell’anima! Quando ci tagliamo in modo un po’ più profondo, andiamo subito dal dottore e gli mostriamo la ferita. In realtà non andiamo, ma ci affrettiamo verso l’ambulatorio e, nervosi anche se dobbiamo aspettare solo un po’, diciamo al medico: “Ecco la ferita! La prego, la bendi perché non sanguini più!”. Nessuno gli dice: “No, io sono una brava persona, io non ho ferite!”. Nessuno di noi dice al coltello: “Tu sei colpevole, tu mi hai tagliato , tu mi hai ferito! Non ti parlerò più!…”. No, noi dimentichiamo il coltello e ci volgiamo alla ferita. Se avvertiamo dei problemi al petto, all’interno, chiediamo al medico di fare tutto ciò che serve per trovare la causa, il focolaio e ci sottoponiamo a diversi esami, rilevamenti, solo per scoprire la causa e la sorgente del dolore.
Ci comportiamo, invece, diversamente nei confronti dell’anima, anche se essa è molto più sensibile del corpo. Quando qualcuno ci offende (con parole, con un’ingiustizia … ), dimentichiamo la ferita e ci occupiamo esclusivamente di colui che ci ha ferito. Tutto questo lascia delle tracce in noi, per cui siamo scontenti, insoddisfatti, inquieti e le nostre relazioni vengono scosse o distrutte. Non siamo consci della ferita che portiamo nell’anima per giorni, mesi ed anni e, quando andiamo a confessarci, ci giustifichiamo dicendo di non avere peccati, che siamo buoni, che non siamo grandi peccatori … .
Non si deve certo fare di una pietruzza una montagna, ma allo stesso modo non dobbiamo pensare che dalle piccolezze non possano crearsi grandi problemi. Il verme può essere piccolo, ma danneggiare seriamente la pianta. La sporcizia sul nostro volto può essere insignificante, ma anch’essa è in grado di nuocere al nostro aspetto, se gli altri la vedono. La mancanza di un po’ d’acqua può essere fatale per la vita di una persona nel deserto … .
La situazione che segue ci chiarisce cosa possa significare una piccolezza per le nostre relazioni e quali grandi conseguenze possa avere: “Quando qualcuno (un amico, un conoscente) ci passa accanto e non ci dice nulla, non ci saluta, restiamo offesi o umiliati e ci sentiamo disprezzati, anche se l’altra persona potrebbe dire: `Non ti ho offeso con alcuna parola!` “ (Cfr. “fra Slavko Barbaric”). Quella persona non ha detto neanche una parola (è una piccolezza, dove sta qui il peccato?), ma proprio questo può essere quel verme che corrode così tanto la nostra amicizia da distruggerla! Ora sappiamo cos’è il peccato: non siamo più amici, non c’è più conversazione tra noi! Ma la volontà di Dio è che ci sia amicizia tra noi, che fioriamo.
Durante la Quaresima, un tempo che vuole trarci fuori dalla nostra schiavitù, per portarci alla “terra promessa”, alla libertà noi dobbiamo vivere come un seminario, come degli esercizi spirituali. Sono un’occasione per mettere in esercizio lo spirito ed il corpo attraverso la preghiera ed il digiuno; per esercitarci a rinfocolare le scintille di bontà e di amore sulla cenere del nostro cuore; il raccoglimento e la preghiera nella Santa Messa, l’attenzione nella lettura della Parola di Dio lasciandoci inabissare in essa; per esercitare il ringraziamento col quale scopriremo ciò accanto a cui spesso passiamo come ciechi: i nostri occhi che ci permettono di vedere, le orecchie che ci rendono possibile l’udire, quel bel fiore in cortile o sul prato, questo mondo e l’universo intero come un “hotel a mille stelle”, una buona caratteristica in mio marito, in mia moglie, nel mio vicino … .
Uno degli esercizi sia senz’altro l’apertura degli occhi nei confronti del peccato. E quando lo riconosceremo e scopriremo, chi sarà più felice di noi? Ci sarà più chiaro anche il senso delle parole dell’ “Exultet” della notte pasquale: “Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande Redentore!”.
Fra Marinko Sakota
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