Il purgatorio nella rivelazione dei Santi – 12°
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Un fatto quasi uguale a quello occorso al Padre Stanislao Coschoa, avvenne alla beata Caterina da Racconigi (Diario Domenicano, Vita della Beata, 4 Sett.). Una sera, mentre ella assalita dalla febbre stava coricata in letto si mise a pensare agli ardori del Purgatorio, e secondo la sua abitudine, rapita di lì a poco in estasi, fu condotta da nostro Signore in quel luogo di pena.
Mentre osservava con terrore quegli ardenti bracieri e quelle fiamme divoratóri, in mezzo alle quali son rattenute le anime che hanno ancora da espiare qualche fallo, udì una voce che le disse : “Caterina, affinchè tu con maggior fervore possa procurare la liberazione di queste anime, sperimenterai per un istante nel tuo corpo le loro sofferenze”. – In questo mentre una favilla di quel fuoco andò a colpirla nella guancia sinistra : le consorelle che si trovavano vicino a lei per curarla videro benissimo questo fatto, e nel tempo stesso osservarono con orrore che il viso di lei si gonfiò in maniera spaventosa, mantenendosi poi per più giorni in quello stato.
La Beata raccontava alle sue sorelle che tutti i patimenti da lei sofferti fino a quel momento (ed erano stati molti), erano nulla a paragone di quello che le faceva soffrire quella scintilla. Fino a quel giorno si era sempre occupata in modo tutto speciale di sollevare le anime purganti, ma d’allora in poi raddoppiò il fervore e l’austerità per accelerare la loro liberazione, poiché sapeva ornai per esperienza il gran bisogno che quelle hanno d’essere sottratte ai loro supplizi.
Racconteremo ora quanto accadde a Sancio virtuosissimo re di Spagna, com’è riferito da Giovanni Va-squez. (Cronica, an. 940). Questo principe, fervente cristiano, morì avvelenato da uno de’ suoi vassalli. Dopo la sua morte la consorte Guda non cessava di pregare e di far pregare pel riposo di quell’anima : fece celebrare un numero immenso di Messe, e per non separarsi da quelle care spoglie, prese il velo nel monastero di Castiglia, dove era stato sepolto il corpo del consorte.
Indi a qualche tempo mentre un sabato ella stava pregando con gran fervore la SS. Vergineper la liberazione del defunto, le apparve costui, ma oh Dio! in qual misero stato! Era vestito in gramaglia, e per cintura portava doppio giro di catene arroventate, e rivolgendosi a Guda, le disse : “Ti ringrazio delle preghiere che fai per me e delle Messe che facesti celebrare in mio suffragio, ma prosegui, te ne prego, in quest’opera caritatevole. Se tu sapessi quanto io soffro faresti certamente assai di più, e il tuo zelo nel sollevare me, che tanto amasti sulla terra e che non hai cessato di amare, aumenterebbe d’assai. Per le viscere della divina misericordia soccorrimi, o Guda, soccorrimi, poiché queste fiamme mi divorano!”.
La pia Regina incominciò allora a raddoppiare preghiere, digiuni e buone opere al fin di sollevare quell’anima sì duramente martoriata. Per quaranta giorni non cessò di piangere a calde lacrime per spegnere le fiamme che divoravano il suo povero marito; fece dispensare larghe elemosine ai poveri a nome del defunto, fece celebrare un gran numero di Messe, e a tal fine donò al monastero splendidi arredi. Passati i quaranta giorni le apparve nuovamente il Re, ma libero dalle catene di fuoco, e invece di gramaglia, ricoperto di un manto candidissimo, nel quale Guda riconobbe con sorpresa quello da lei donato alla chiesa del monastero, e che scomparso all’improvviso dalla sacristia, si credette rubato dai ladri. “ Ecco, le disse il Re, grazie a te, io son libero e non ho più nulla a soffrire; sii benedetta per sempre! Persevera nei tuoi pii esercizi, e medita spesso sul rigore delle pene dell’altra vita e sulle gioie del Paradiso, dove io vado ad aspettarti”. — A tali detti la Regina, piena di gioia, volle tendere le braccia verso il defunto consorte, ma questo disparve lasciando in mano di lei il mantello, che ella rese alla chiesa cui lo aveva donato la prima volta.
Padre Pietro Louvet
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