L’Ordine Sacro – Il Diaconato
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Il Diaconato è il primo livello dell’Ordine Sacro. Essendo meno conosciuto sarà il caso di parlarne più ampiamente. Come abbiamo già detto, i Diaconi sono stati i primi collaboratori degli Apostoli ma questo Sacro Ministero fu messo in ombra intorno al Mille. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, però, ha riscoperto la sua importanza e lo ha ripristinato perché i Diaconi collaborino efficacemente con i Vescovi e con il loro Presbiterio. Il Diacono, dunque, è un Ministro sacro, in grado inferiore al Presbitero, che ha dovuto compiere un percorso formativo-teologico simile a quello dei Presbiteri.
Chiamato, per vocazione divina, riceve la Sacra Ordinazione da parte del Vescovo, per mezzo dell’Imposizione delle mani, che lo consacra con l’unzione dello Spirito Santo e lo trasforma in Sacramento di Cristo, “venuto per servire e donare la sua vita”. Al Diacono vengono imposte le mani “per il Ministero Sacro, ma non per il Sacerdozio”: il Diacono, infatti, non riceve il mandato dell’ “offerre”(offrire a Dio il Sacrificio dell’altare) e pertanto, pur appartenendo all’ Ordine Sacerdotale (Compendio § 322,325), non viene detto “Sacerdote” (così che non sorgano confusioni).
Il termine Diacono proviene dal greco “diàkonos” che significa “servo”(in latino “minister”: ministro): egli, infatti, è Servo di Cristo e del popolo di Dio. S. Ignazio precisa che: “…i Diaconi sono Ministri dei misteri di Gesù Cristo: Essi infatti non sono servi di cibi e di bevande ma Ministri della Chiesa di Dio” (Ad Trallianos).
Il Diacono è chiamato ad esercitare il suo Ministero nel coordinamento degli ambiti della Carità (assistenza ai poveri, ai diseredati, a coloro che versano in difficoltà di vario genere), della Parola (predicare, evangelizzare, catechizzare gli adulti), della Pastorale Parrocchiale (specialmente di quella familiare), della Missionarietà.
E’ impegnato altresì nella Liturgia (Presiede la celebrazione del Battesimo, del Matrimonio, del Funerale, presiede, altresì, la Liturgia Verbi e la Celebrazione del Rito Comunitario della Comunione extra missam. Assiste il Vescovo o il Presbitero durante la Celebrazione Eucaristica e distribuisce ordinariamente l’Eucaristia ai Fedeli. Porta l’Eucaristia agli ammalati e il Viatico ai moribondi.
Può amministrare Sacramentali: imporre le ceneri; benedire le persone, gli oggetti, le case. Può guidare le “processioni” dei fedeli. Può presiedere l’Adorazione Eucaristica ed impartire la Benedizione col SS.mo Sacramento. Spetta a lui proclamare solennemente il Vangelo nell’Assemblea e guidare la preghiera dei fedeli. Quando il Diacono celebra la Parola ed il Battesimo partecipa anch’egli della “paternità di Dio” (“Padre”, nella fede); anche lui, infatti, provvede a “generare” nella fede.
Al Diacono non è data la facoltà di rimettere i peccati ma ha il “ministero dell’ascolto” per poter consigliare e guidare efficacemente i fedeli nelle loro problematiche spirituali e di vita terrena.Durante la Celebrazione Eucaristica assiste il Vescovo o il Presbitero (non “serve” la Messa: non è un chierichetto) e svolge le funzioni liturgiche proprie del suo Ministero, avvalendosi della collaborazione di Ministri istituiti e dei Ministranti.
Anche per il Diacono, come per il Vescovo ed il Presbitero, vale la legge del celibato. Qualora però il Diacono abbia ricevuto la sacra vocazione mentre era già sposato, se la moglie dà il formale consenso (per iscritto e dinanzi all’Assemblea dei fedeli), la Santa Sede autorizza la sua Sacra Ordinazione. Resta inteso che, qualora diventasse vedovo, non potrebbe risposarsi.
Il Diacono può appartenere ad un ordine religioso o essere un “secolare”. Ma poiché spesso vive in famiglia e veste abiti borghesi in strada o sul lavoro (Il Diritto Canonico gli concede la facoltà di non indossare l’abito ecclesiastico) (Can. 288), viene erroneamente ritenuto, da alcuni, un laico, confondendolo facilmente con il Ministro straordinario dell’Eucaristia.
Per contro il Diacono appartiene alla Gerarchia Ecclesiastica, è membro del Clero regolare (Can. 265) e grazie al Sacramento dell’Ordine, esercita il suo Ministero “in persona Cristi” contribuendo, con il suo impegno ed il suo sacrificio, all’edificazione della Chiesa, sempre operando in perfetta comunione con il Vescovo – da cui dipende direttamente e di cui “deve essere l’orecchio e la bocca, il cuore e l’anima” – e in fraterna e devota collaborazione con il suo Presbiterio.
In caso di reali necessità pastorali, mancando i Presbiteri necessari, il Vescovo può mettere un Diacono a Capo di una Comunità: oggi esistono numerose Chiese, Diaconie e Parrocchie che sono rette da Diaconi permanenti che esercitano il loro mandato con competenza, serietà, amore e spirito di sacrificio, con buona soddisfazione dell’Ordinario e del popolo affidato alle loro cure.
Appare evidente che un Organismo grande, come la Chiesa, non potrebbe reggersi senza una struttura gerarchica ma quella ecclesiale non è una gerarchia di potere bensì “di servizio”, laddove “chi è più in alto si ponga al servizio degli altri” e “il primo si faccia servo di tutti” (così come nella famiglia, i genitori, pur essendo “capi” si pongono al “servizio” dei figli).
Per altro, tra i Membri dell’Ordine Sacro, non esiste un rapporto “generazionale” (padri e figli) ma, essendo essi tutti “Sacramento di Cristo” (il Vescovo è Sacramento di Cristo, Capo e Maestro; il Presbitero è Sacramento di Cristo, Pastore; il Diacono è Sacramento di Cristo, Servo del Padre) sono tra loro Fratelli e, come tali, operano in clima di fraterna collaborazione “per l’edificazione del Corpo mistico di Gesù Cristo” (Can. 275).
Molti chiedono come vanno chiamati i Servi del Signore. A tutti coloro che sono consacrati a Dio viene dato l’appellativo di Reverendo; a coloro poi che hanno ricevuto l’Ordine Sacro (Ves covi, Preti e Diaconi) la Chiesa riconosce il titolo di “Don” ( per i Monaci, “Dom”), contrazione di “Dominus” (Signore), giacchè essi, in virtù del Sacro Ministero, sono Sacramenti di Cristo, Signore. Ai Vescovi si dà il titolo di Monsignore o di Eccellenza. Ai Cardinali ci si rivolge chiamandoli “Eminenza”.
Ricordiamo ancora che il Signore non ha voluto scegliere i suoi Sacerdoti tra gli angeli – creature troppo più perfette di noi – ma ha preferito “chiamare” uomini a questa dignità. Ovviamente gli uomini, per quanto cerchino di edificarsi, hanno sempre i difetti della natura umana. Proprio per questo motivo i Sacerdoti possono essere più comprensivi e disposti a compatire le debolezze altrui. Quando abbiamo l’impressione che un Sacerdote non sia come a noi piacerebbe che fosse, non abbiamo il diritto di disprezzarlo ma, invece, abbiamo il dovere di sostenerlo e pregare per lui. (Ogni Pastore ha diritto all’affetto del suo gregge).
Don Manlio
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