Omelìe “interminabili e noiose”
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La domanda (posta via e-mail) era: “Dite La vostra risonanza all’invito fatto da papa Francesco il 4 ottobre scorso nella Cattedrale di Assisi: “Via quelle interminabili, noiose omelie, delle quali non si capisce niente”.
Bravo, papa Francesco! Hai ragione, papa Francesco. Dobbiamo tutti, sempre più, impegnarci a parlare direttamente ai fedeli, senza tanti foglietti tra le mani, con parole semplici e con riferimenti anche all’attualità.
Non è sempre facile, soprattutto quando si è di fronte ad anziani, adulti e fanciulli del catechismo; non dobbiamo, però, arrenderci.
Un piccolo sforzo e tutto diventa, con la grazia del Signore, più facile.
Potremo, infatti, far tesoro di tanti studi fatti in preziosi anni di preparazione e di molteplici esperienze pastorali. Non comportandoci, però, da “professori”, ma da innamorati della parola di Dio, fonte della vita spirituale di rutti, ministri ordinati, religiosi e laici.
d. Sergio Andreoli, Foligno
Omelia, non predica che spegne la lampada, anziché accenderla
L’esortazione del papa deve essere recepita nel giusto senso. La voce di chi parla potrebbe essere anche roca o poco gradevole, ma sul contenuto non si deve transigere, perché ogni omelia è e deve essere attualizzazione della Parola affinchè raggiunga il cuore e diventi legge di vita. La “comprensibilità” raccomandata (o l’incomprensibilità rimproverata) sta a significare: rendere viva e attuale la Parola, e insegnare a viverla.
Di fronte a “prediche” che sono sciatte ripetizioni di testi letti e per nulla attinenti alla vita, scontati rimproveri, improduttive polemiche, prolisse raccomandazioni o pensierini infantili, chi ascolta si stanca, è soffocato dalle “parole” mentre dovrebbe uscire dalla chiesa confortato nella fede, incoraggiato nel modo di viverla, pronto ad affrontare l’oggi e il domani alla luce del Vangelo.
Spesso, proprio lì dove la Parola viene proclamata e commentata, – “lampada ai miei passi la tua Parola”- Troppe volte 1′ omelia spegne la lampada anziché accenderla.
prof.ssa Clara Burini De Lorenzi, Roma
Coniugare scienza teologica e sapienza spirituale – Quest’esortazione di papa Francesco suscita in me, a pelle, almeno due considerazioni: la prima è relativa al fatto che per mettere in pratica tale sollecitazione papale è necessario che il predicatore abbia fatto in se stesso una sintesi completa ed efficace del mistero cristiano, per poterlo annunciare ed esprimere in modo compiuto, completo e conciso; la seconda considerazione è relativa al fatto che non si può e non si deve pretendere che l’omelia supplisca o si sostituisca alla restante opera educativo-catechetica che inerisce alla pastorale nella sua globalità. Da queste due considerazioni epidermiche ricavo due riflessioni.
La prima riguarda il fatto che è precisa responsabilità del ministro ordinato curare la propria spiritualità e la propria assidua frequentazione e assimilazione del mistero cristiano, offertoci mirabilmente dalla e nella liturgia, per poter donare cibo ben digeribile al proprio gregge. In tal modo la scienza teologica è sempre più da coniugarsi con la sapienza spirituale, che ha il proprio vertice nella carità pastorale.
La seconda riflessione riguarda la necessità, senza mai arrenderci davanti alle delusioni, di sviluppare sempre più e sempre meglio nelle nostre comunità una catechesi capillare e inter-generazionale, perché non si pretenda di far stare il molto nel poco, ma si coordini e si collochi il momento mistago-gico dell’omelia nei tria munera (liturgia, catechesi e carità), praticabili anche alla luce dei cinque ambiti del Convegno della Chiesa Italiana a Verona.
d. Fernando Bellelli, Modena-Nonantola
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