S. Messa – L’Offertorio
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L‘offertorio
“” Quando Gesù commenta che è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli, gli apostoli si domandano: “Chi dunque si può salvare?”.
Gesù replica: “Impossibile presso gli uomini”, cioè: nessuno si può salvare (cfr. Mt 19, 25-26).
Compiere questo movimento di uscita da sè in maniera perfetta è impossibile agli uomini. Ciò significa che la liberazione dell’uomo è un atto divino.
Ed ecco la Messa.
Nell’offertorio noi ci offriamo a questa liberazione.
La liberazione dell’uomo non è benevolenza, ma è conoscere e credere all’amore, essere totalmente immersi nell’atto divino di liberazione e dono di sè. E chi ci libera è precisamente l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nessun altro.
Mentre vivo l’offertorio della Messa, nessun bene mi deve trattenere, nessun amore, nessun affetto e neanche la mia stessa vita.
Tutto offro a Dio, anche gli affetti leciti, buoni e santi, quelli che il Signore stesso mi ha dato: la famiglia, l’amore dei propri cari, dei propri figli, gli amici, le cose che possiedo. L’uomo lì deve spogliarsi di tutto e restituire tutto a Dio.
Ciò che vuol dire – come detto – andare a casa, prendere il marito in spalla e depositarlo sull’altare, ma fare questo mentalmente, intenzionalmente; offrire tutto, dare tutto: mia moglie, mio marito, i miei figli, i miei affetti, la mia casa, il mio lavoro, la mia comunità, le mie cose: dare tutto a Dio nell’offertorio della celebrazione eucaristica.
I figli, il Signore me li ha dati e non vengono da me. Sì, ovviamente c’è la partecipazione dei genitori, ma Dio dona la vita. Quindi nell’offertorio io restituisco tutto, come a dire: Signore, non mi attacco a niente, perchè anche i figli possono diventare idolatria. Anche i mariti, anche le mogli, figuriamoci gli oggetti: si diventa schiavi di tutto, anche senza saperlo.
Allora se sono schiavo devo ammetterlo: Signore, io sono schiavo della squadra di calcio, sono schiavo del mio lavoro, sono schiavo del desiderio di diventare miliardario, sono schiavo di questa passione o di questo affetto: “Buttiamo” tutto in quell’ostia, che diventerà prestissimo Corpo di Cristo.
Poi, dopo pochi minuti, tu vai a ricevere la Comunione e accogli quello stesso Corpo che tu hai offerto insieme al sacerdote; ed ecco che tutto ritorna a te, benedetto e centuplicato. E se ciò che hai donato non ti ritorna indietro, se quel certo affetto ti viene tolto, se quella certa sostanza viene a mancare, allora non ti devi meravigliare, perchè l’hai offerta.
Quando hai dato, hai dato.
Se tale affetto ti viene tolto, non devi correre dietro al Signore dicendogli che è ingiusto: tu l’hai offerto.
Niente paura: Dio è buono. Lo dice il sacerdote mentre presenta pane e vino. E dopo aver presentato il pane e il vino, e con essi la nostra vita, ecco, subito dopo, si riceve; si riceve Cristo e tutto quello che non si riceve è buono lo stesso, perchè lo si è offerto ed è stato santificato “
P. Serafino
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