Testimoni di Geova – Lezione 61°
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Bibbia e sangue: il Decreto di Gerusalemme
Le spiegazioni date finora gettano piena luce su ciò che è detto nel libro degli Atti degli Apostoli a proposito del sangue.
Leggiamo:
“Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo all’infuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati (= non dissanguati) e dall’impudicizia” (15, 28-29).
Qual è il vero significato di questo testo bíblico?
Autorizza la Parola di Dio una donna sbandata a far morire la propria bambina? Proibisce il decreto di Gerusalemme l’odierna trasfusione di sangue a scopo terapeutico? E’ legittima la spiegazione geovista, che ha causato la morte di tante creature umane?
No!
Perché il divieto di cibarsi di sangue stabilito a Gerusalemme deve essere spiegato secondo la mente degli Apostoli e dei primi cristiani, anzi dei veri cristiani di ogni tempo. I tdG dimenticano questa norma nel leggere e spiegare la Bibbia e si rendono responsabili di tante tragedie.
Origine dei Decreto
Verso l’anno 50, gli Apostoli e altri responsabili della Chiesa si riunirono a Gerusalemme per trovare la soluzione di alcuni problemi sorti dalla conversione dei pagani al Vangelo. La questione di fondo era se i convertiti dalla gentilità dovessero osservare tutta la Legge mosaica, come volevano alcuni, oppure no, come ritenevano altri.
A favore della tesi liberativa parlò Pietro (Atti 15, 6-1 1) e a lui si associarono Barnaba e Saulo, ritornati da poco dal primo viaggio missionario in terre pagane (Atti 15, 12). Ma alcuni giudeo-cristiani erano del parere contrario e volevano che i discepoli di Cristo fossero in tutto e per tutto anche discepoli di Mosè.
Tra le due opposte sentenze, Giacomo capo della chiesa locale, propose una soluzione intermedia rispettare e conservare ciò che nella Legge mosaica era essenziale, ma lasciar liberi i convertiti dal paganesimo in ciò che doveva dirsi ormai superato e non necessario alla salvezza.
La proibizione dell’uso del sangue fu considerata essenziale e ritenuta valida anche nel nuovo ordine di cose.
Perché?
Perché il comando divino Non ammazzare! non era stato affatto abolito. Tutt’altro! (Matteo 5, 21-24). Il .rispetto assoluto per la vita umana era parte essenziale della Legge mosaica. Era uno statuto valevole per tutti i tempi. E poiché ancora ai tempi degli Apostoli era diffusa la concezione del sangue come sede della vita, il comando divino fu espresso con le parole adatte e comprensibili: Astenersi dal sangue!
Nel Decreto di Gerusalemme bisogna, perciò, distinguere la sostanza dalla forma, la volontà di Dio dal modo com’è espressa. La sostanza è il comando divino di Non ammazzare ! La forma o modo con cui è espresso, è conforme alla mentalità del tempo quando sangue equivaleva a vita.
Così hanno interpretato le parole di Atti 15, 28-29 gli antichi scrittori cristiani e i grandi studiosi moderni della Bibbia.
Alcune testimonianze degli antichi
Gli antichi scrittori cristiani sapevano assai meglio dei tdG come e perché fosse osservato il Decreto di Gerusalemme. Tre testimonianze:
1 – La prima è quella di una donna debole e paurosa, la martire Biblide di Lione, in Francia, nel 177 dopo Cristo. La donna, durante il primo interrogatorio, aveva rinnegata la fede. Dopo lo strazio della tortura “ritornò in se stessa e, quasi risvegliandosi da un profondo sonno, riprese i sensi. La pena temporanea le fece ricordare la punizione eterna della Geenna. Quindi contraddicendo, a quei bestemmiatori, rispose: ” Come potrebbero mai costoro divorate i bambini, mentre non è loro permesso di cibarsi di sangue di animali irragionevoli?” .
Le parole della martire hanno un chiaro riferimento al decreto di Gerusalemme. Per difendere i cristiani e se stessa dall’accusa d’infanticidio, la martire cita la legge apostolica dell’astensione dal sangue. Dunque quella legge altro non era che un comando di non uccidere.
Falsificazione.
a) L’inganno. A proposito di questa testimonianza i tdG hanno scritto:
“Commentando Atti 15.- 29, l’erudito biblico cattolico Giuseppe Ricciotti (1890-1964) si riferisce all’incidente avvenuto a Lione (descritto in precedenza) come prova che i primi ‘cristiani non potevano mangiar sangue’. Quindi aggiunge: ” Ma anche nei secoli successivi fino al Medio Evo, incontriamo l’inattesa eco di questo antico ‘abominío’ (del sangue) dovuto senza dubbio al de- creto “”.
b) La verità. Consultando direttamente il commento che l’erudito biblico cattolico Giuseppe Ricciotti fa di Atti 15, 29, abbiamo constatato che i tdG travisano completamente il suo pensiero. E’ vero che il Ricciotti afferma che
“non solo nell’anno 177 i martiri di Lione dichiarano che essi essendo cristiani non possono mangiar sangue, ma pure nei secoli seguenti e perfino nel Medioevo s’incontrano inaspettate avversioni per quei cibi (sangue)”.
Tuttavia il Ricciotti poco prima, commentando appunto Atti 15, 29, aveva scritto:
“Quanto alla proibizione del sangue, fu interpretata come proibizione di versare sangue umano, ossia la proibizione dell’omicidio”.
E’ chiaro che nel suo pensiero i martiri di Lìone come pure alcuni cristiani dei secoli seguenti si astenevano dal sangue perché interpretavano le parole di Atti 15, 29 come la proibizione dell’omicidio. Ma questo i geovisti non lo dicono, anzi tentano di nasconderlo. Si tratta evidentemente d’un inganno. Bisogna dubitare sempre di ciò che dicono i tdG e consultare direttamente le fonti sia la Bibbia che gli scrittori da essi citati.
2 – La seconda testimonianza ci è data da Minucio Felice, un avvocato, nato pagano e convertitosi al cristianesimo. Visse intorno all’anno 200. Nel suo libro Octavius, chiamato dal Renan “la perla della letteratura apologetica”, Minucio confuta la stessa accusa contro i cristiani – quella dell’infanticidio. Questi ed altri terribili delitti egli li rinfaccia ai pagani. In quanto ai cristiani:
“Per noi invece – dichiara Minucio – non è lecito né assistere a un omicidio, né sentirne parlare; aborriamo tanto dal sangue umano, che non comprendiamo nel numero dei nostri cibi neppure’ il sangue degli animali mangerecci”.
L’avvocato Minucio sapeva bene quel che scriveva. Per lui l’astenersi dal sangue anche degli animali, in conformità della legge apostolica, equivaleva ad aborrire dall’idea dell’omicidio. Non usare sangue era lo stesso che non uccidere.
Falsificazione: I tdG riportano la testimonianza di Mínucio Felice nel modo seguente:
“Mínucio Felice (III secolo E.V.): ” Tale è il nostro orrore del sangue umano, che neppure vorremmo assaggiare il sangue nei cibi degli animali commestibili “”.
I geovisti hanno omesso volutamente le parole che precedono la dichiarazione di Minucio Felice e cioè:
“Per noi invece non è lecito né assistere a un omicidio, né sentirne parlare”.
Queste parole fanno capire meglio che l’astenersi dal sangue anche degli animali è strettamente connesso con l’omicidio. Ma i geovisti tentano di diluire il pensiero di Minucio Felice per convincere gli ignoranti del loro deprecabile errore.
3 – La terza testimonianza, infine, la ricaviamo dagli scritti di un altro avvocato, contemporaneo di Minucio, passato anche lui dal paganesimo alla fede cristiana.
E’ questi il ben noto Quinto Tertulliano, il più grande e il più originale degli scrittori latini cristiani prima di sant’Agostino. Egli studiò a fondo il decreto di Gerusalemme e asserì ripetutamente che gli Apostoli avevano voluto inculcare il comando divino di non uccidere. Due riferimenti:
a) Nell’Apologetico, Tertulliano risponde ai pagani che accusavano i cristiani di omicidio così come aveva fatto Minucio. Scrive:
“Arrossisca il vostro comportamento di fronte ai cristiani. Nemmeno il sangue degli animali noi abbiamo a tavola tra le vivande in uso, e ci asteniamo anche dagli animali soffocati per non venire in qualche modo contaminati dal sangue rimasto nei loro organi. Infine, tra le provocazioni da voi adoperate con i cristiani, voi offrite loro delle salsicce gonfie di sangue, sapendo bene che a loro non è lecito mangiarle. Or dunque come mai potete voi credere che siano bramose di sangue umano proprio quelle persone che – come voi ben sapete aborriscono anche il sangue degli animali?”.
b) Nel libro intitolato: La Pudicizia, Tertulliano si sofferma ad esaminare la gravità dei peccati di idolatria, di fornícazione (e adulterio) e di omicidio. Con esplicito riferimento al decreto apostolico egli dichiara:
“Il divieto del sangue vuoi farci intendere essere proibito con maggior ragione l’omicidio, ossia lo spargimento del sangue umano”.
Tenendo presente il contesto di tutte queste testimonianze non vi può essere dubbio che gli antichi scrittori cristiani, anzi tutti i cristiani dell’antichità, hanno considerato il decreto di Gerusalemme come l’equivalente del comando divino di non ammazzare .
Alcune testimonianze moderne
Della stessa convinzione sono i grandi studiosi moderni della Bibbia, quelli più quotati e più aggiornati.
1 – Citiamo, anzitutto, il Grande Lessico del Nuovo Testamento, iniziato da Gerbard Kittel, con la collaborazione dei migliori maestri in scienze bibliche. E’ una opera classica, nota in tutto il mondo, indispensabile per la conoscenza del Nuovo Testamento. Una vera miniera che contiene i risultati più recenti e più attendi- bili in questioni scritturistiche. Ecco quanto è detto a proposito di Atti 15, 28-29:
“Il divieto di cibarsi di sangue, stabilito dalla risoluzione del concilio apostolico, è fondato sulla concezione vetero-testamentaria e giudaica del carattere sacro del sangue… Versare il sangue significa distruggere il veicolo della vita e quindi la vita stessa. li divieto di uccidere fissato dalla risoluzione dei concilio apostolico esprime uno dei cardini della morale cristiana primitiva” .
2 – E l’autorevole Bibbia di Gerusalemme commenta Atti 15, 28-29:
“Il sangue è l’espressione della vita, che appartiene solo a Dio, e il divieto della legge in proposito era così grave da spiegare molto bene la ripugnanza dei giudei a dispensarne i pagani”.
Nella mentalità giudaica fare uso del sangue equivale dunque a violare il diritto assoluto di Dio sulla vita umana. Oggetto del decreto era la violazione di questo diritto divino, ossia il comando di non ammazzare, non qualsiasi uso dei sangue.
3 – Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento:
“Il sangue dell’uomo come pure quello degli animali è inteso come sede della vita. E’ logico quindi che diventi un’immagine della distruzione della vita. Ma Dio è l’unico signore della vita, solo lui può disporre della vita e del sangue. Il decreto apostolico di Atti 15, 20-29 va. inteso con riferimento all’ordinamento di Levitico 17, 1-16”.
In Levitico 17, 1-16 Dio proibisce il sangue in quanto è vita.
La conclusione è chiara. Sotto la guida dello Spirito Santo, il concilio apostolico decretò che i veri cristiani devono avere massimo rispetto per la vita umana ,a differenza dei pagani, che spesso ne facevano scempio. Jahve è Dio della vita non della morte. L’astenersi dal sangue equivale ad astenersi dal nuocere alla vita altrui e alla propria.
Dio non proibisce l’uso del sangue nella sua materialità, ma nel suo simbolismo in quanto equivalente della vita. I tdG si, basano su una lettura della Bibbia superficiale ed errata. La loro interpretazione è contro il pensiero degli antichi scrittori, dei cristiani di ogni tempo e dei grandi studiosi della Bibbia dei nostri tempi. Il loro errore causa purtroppo una vera strage degli innocenti.
San Paolo e il Decreto dì Gerusalemme
Se dovessimo accettare la spiegazione superficiale che del Decreto di Gerusalemme danno i tdG, dovremmo dire che il primo a violare quel Decreto sia stato proprio san Paolo. Scrivendo ai Corinzi l’Apo- stolo si esprime nel modo seguente:
“Tutto ciò che è in venduta sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza, perché del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene (Salmo 24, 1). Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza far questioni per motivo di coscienza” (1 Corinzi 10, 25-27; cf. Romani 14, 1-9).
Abbiamo il diritto di domandarci: Che cosa era in vendita sul mercato di Corinto, città ancora pagana? Che cosa era servito a mensa nelle case dei non credenti?
a) La risposta da dare, senza il minimo dubbio, è che sul mercato di Corinto erano in vendita, oltre alle carni immolate agli idoli, anche la carne di animali non dissanguati e il sangue. Paolo rivendica alla libertà del cristiano il diritto di mangiate anche questi cibi, benché il Decreto di Gerusalemme ne proibisca l’uso.
Perché?
Perché l’apostolo sapeva ben distinguere tra la lettera e lo spirito del comando del Signore (cf – 2 Corinzi 3, 6; 1 Corinzi 10, 19), tra la forma e la sostanza del Decreto.
Il sangue è simbolo di un’idea. E’ l’idea che conta. non il sangue in se stesso e l’uso che se ne fa.
b) Paolo aveva direttamente in mente l’uso delle carni immolate agli idoli o degli animali non dissanguati. Cibandosene, il cristiano – non intendeva commettere un atto di idolatria, ossia violare la legge di adorare solo il vero Dio. Ma la stessa norma o distinzione si può sicuramente applicare all’uso del sangue. Cibandosene, il cristiano non intendeva commettere un omicidio o un suicidio. Questo era l’essenziale. Questo intendeva il Decreto proibendo l’uso del sangue.
Nessuna violazione dunque di Atti 15, 28-29 vi può essere nella terapia delle trasfusioni perché tale uso del sangue non comporta né idolatria né omicidio o suicidio come capisce chiunque abbia il sano discernímento o la vera scienza, di cui parla proprio san Paolo nell’applicazione di quel Decreto (cf. i Corinzi 8, 7).
Padre Nicola Tornese S.J.
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